Una storia di lebbra, malattia ormai sconosciuta nel nostro ricco mondo tecnologico e ipersviluppato. Il racconto evangelico sembra un po’ fuori luogo, invece, abbandonate le apparenze, possiamo riscontrare svariate forme di ‘lebbra’ che ancora oggi ci assalgono e mettono in pericolo la nostra salute, se non quella fisica, certamente quella morale.
I lebbrosi del Vangelo, ritenuti impuri e messi al bando dalla comunità, sono presenti oggi con le stesse intenzioni di allora, se non con le medesime modalità.
Non avete mai incontrato un ‘lebbroso’ del terzo millennio? Impossibile! Sono in mezzo a noi, e come gli osservanti ebrei, anche noi li mettiamo ‘fuori’ dai nostri schemi, dalle nostre abitudini, dai nostri calcoli utilitaristici..
La nostra è una lebbra che, come quella del Vangelo, spaventa, spinge a non vedere, a non cercare l’altro, a non accogliere le regole di vita, a rifiutare chi è diverso, chi non rende, chi non appartiene al nostro ‘giro’.
Esiste anche un’altra forma di lebbra ancor più terribile che è quella di chi ritenendosi sano, non può accettare di convivere con i malati, o chi pensa di non essere malato e rifiuta di chiedere aiuto. Abbiamo tanti drogati, barboni, stranieri, delinquenti, che non possiamo ammettere nei nostri schemi, e quando lo facciamo a volte è solo per tacitare la nostra coscienza.
Purtroppo ancora una volta dobbiamo ammettere che la storia continua a insegnare ben poco. Come cristiani non abbiamo ancora imparato a rendere giustizia ai diseredati della nostra civiltà, mettendoli al bando, relegandoli fuori dai nostri profitti colmi di benessere opulento e sterile. Invece di comprendere, di accogliere, di incontrare l’appestato lo allontaniamo.
Un cristiano che conosca il Cristo non può esimersi dal vivere una carità fatta di gesti e non di parole, anche se pregate; non può pensare di sentirsi a posto, solo perché può fare quello che altri non fanno. Si può pensare di superare questo empasse? Quale riscatto esige questa malattia? Credo semplicemente quello di non fuggire, di non avere paura, e di andare incontro con fede a coloro che appaiono diversi da noi. Capiterà certamente di trovare il malato che non vuole essere guarito, però se non altro, ci abbiamo provato.
Quando ammiriamo profondamente i testimoni coraggiosi d’altri tempi, che nelle pestilenze epocali ben note, hanno saputo ‘stare’ in mezzo agli appestati senza paura, non veniamo assaliti dal desiderio di imitarli? Allora proviamoci, chissà che non riusciamo a fare come il Cristo del Vangelo, che non teme di avvicinare, di toccare, di guardare negli occhi quel lebbroso. Solo allora vedremo scomparire definitivamente questa malattia, anzitutto da noi stessi e poi in chi ci passa accanto. Bisognerà però tenere presente che come il Cristo, anche noi siamo chiamati a essere sani e integri, altrimenti rischiamo di rimanere contagiati allo stesso modo dei ‘malati’, perchè non si è mai visto che un cieco guidasse un altro cieco.
d. Oscar
0 commenti:
Posta un commento