Breve ma incisiva, la lettera è indirizzata alle comunità cristiane della Galazia, evangelizzate da Paolo durante la seconda e la terza spedizione missionaria: si parla infatti della «regione della Galazia» in At 16,6 e 18,23, e dalla stessa lettera si deduce che l'Apostolo soggiornò almeno due volte in quelle terre. La relazione che si legge negli Atti degli Apostoli circa il passaggio di Paolo in Galazia è povera di colore, ma il quadro che si ricava dalla lettera rivela un'attività intensa, appassionata, coronata da successo e da un grande numero di adesioni alla fede. Si parla anche di una misteriosa malattia che avrebbe sortito il duplice effetto di prolungare il soggiorno dell'Apostolo tra quelle popolazioni semplici e primitive e di destare in loro tante premure e affetto verso di lui.
Il motivo che indusse l'Apostolo a intervenire con questo scritto lo si può ricavare dalla lettera stessa. Dopo la partenza di Paolo si intromisero nella comunità avversari «giudaizzanti», i quali attaccarono l'Apostolo su un duplice fronte: anzitutto lo tacciavano d'essere un predicatore di poco conto, non un vero apostolo come i Dodici, e di predicare una dottrina senza fondamento, non in armonia con quella della chiesa madre di Gerusalemme; inoltre, contraddicendo il suo insegnamento, sostenevano che la fede in Cristo da sola non basta per ricevere lo Spirito e ottenere la giustificazione e la salvezza messianica, ma erano necessarie la circoncisione e l'ottemperanza alle pratiche giudaiche.
Venuto a conoscenza di tali cose l'Apostolo reagì con un'impennata vigorosa rivolta in due direzioni: una apologetica personale, mirante a dimostrare l'autenticità della sua missione di apostolo; l'altra teologico-dottrinale con lo scopo di dimostrare che la salvezza deriva dalla fede e soltanto dalla fede in Cristo, del quale la legge ebraica altro non era che preparazione e premessa. Di conseguenza il cristiano è libero dalla legge ebraica, è chiamato a vivere nella libertà, il che significa concretamente farsi guidare dallo Spirito di Cristo al servizio degli altri.
Prendendo spunto da un fatto occasionale, l'Apostolo entra così nel vivo del messaggio cristiano e ne parla con eloquenza appassionata, incomparabile, passando dagli accenti di una severità accigliata a quelli della tenerezza più affettuosa.
Dove e quando esattamente sia stata scritta la lettera non si sa con precisione. C'è chi pensa al periodo del soggiorno ad Efeso, chi a quello nella Macedonia e a Corinto: si tratterebbe in ogni caso degli anni 56-57. Un dato certo è la prossimità spirituale di questa lettera con quella ai Romani, di cui si può considerare il preannuncio e l'anticipo. Ci si interroga anche circa i destinatari precisi della lettera, dato che il termine Galazia può riferirsi sia alla provincia romana comprendente i territori dell'attuale Turchia centro-orientale, oppure della Galazia propriamente detta che si riduceva alle parti settentrionali della provincia stessa, gravitanti intorno alla città di Ancyra, l'attuale Ankara. Vi sono opinioni nell'una e nell'altra direzione.
Ma la questione non ha importanza per la comprensione della lettera, che si può dividere chiaramente in tre parti. Dopo un esordio dal tono severo e perfino amaro, 1,1-10, l'Apostolo passa a difendere l'origine, la natura e le qualifiche del suo apostolato e della sua dottrina in armonia con l'insegnamento dei Dodici e di Cefa-Pietro, 1,11 - 2,21. Espone poi con sottile dialettica l'origine e i doni della giustificazione, la quale avviene mediante la fede e non per l'osservanza della legge; questa, pur essendo un dono in se stessa, ha esercitato soltanto la funzione di «pedagogo» a Cristo, nel quale si ottiene la liberazione da ogni servitù, 3,1 - 4,31. La terza parte della lettera esorta a bene interpretare e conservare il dono della libertà alla quale i neofiti sono stati «chiamati», e a non trasformare la libertà in incentivo di disordine e di egoismo: la linea della libertà è la carità, 5,1 - 6,10. Conclude con una specie di autentificazione autografa dettata da affetto e fede vigilante, 6,11-18.
Lettera di San Paolo Apostolo ai Galati
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